NOFRIO,VIRTICCHIO E LA PESTE A PALERMO

di Burruano,Sperandeo e Benassai – (estate 95) – ripreso  nel marzo 96 con la regia di Carlo Quartucci e rappresentato ad Erice al Teatro Gebel Hamed per la Zattera di Babele.


TRAMA

Nofrio, Virticchio e la peste a Palermo” è un viaggio tragicomico tra le rovine e quello che resta della città, colpita dalla peste sbarcata a Palermo nel 1624 e forse mai debellata davvero. Il testo, infatti, racconta una Palermo povera ma bella, madre e cannibale, ed è anche un vero e proprio collage che ripesca diversi pezzi di repertorio datati anni Settanta e Ottanta. Un cavallo di battaglia che per Palermo suona ormai come un richiamo. E per Burruano, Sperandeo e Benassai è forse la tragicommedia più famosa. Un testo e uno spettacolo sempre attuale in un teatro che fa della pratica degli attori il suo punto di forza. Le due famose maschere siciliane s’ interrogano e raccontano d’ una città che è tutto «un rifiuto»: anche essi probabilmente sono già stati catturati dal vortice dentro il quale l’ unica via d’ uscita possibile è il sogno, un sogno ironico in grado di esorcizzare i fantasmi del morbo e dell’ infezione che si propaga. Nofrio e Virticchio, temporaneamente sequestrati dentro i labirinti della propria memoria e nei percorsi di un personale tempo ormai senza tempo, incontrano e vengono «visitati» dalla figura grottesca del «professore», anima d’ un personaggio al quale pare sia stato affidato il metaforico compito dello smaltimento dei rifiuti, soprattutto di quelli umani… A interrogarsi sul quotidiano, tra battute, improvvisazioni e monologhi, Nofrio (Burruano) e Virticchio (Sperandeo) che si trovano incastrati all’ interno dei labirinti della propria memoria, prigionieri di un tempo soggettivo che scorre o destinato a fermarsi per sempre e dove l’ unico argomento comune sembra diventare la fame. Attraverso giochi di parole, cunti e malizie, gli attori in scena si servono di una lama tagliente, l’ ironia, e grazie a quest’ arma riescono a tratteggiare una Palermo non troppo lontana dai giorni nostri.

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